Staminali tra scienza, politica e speranza

Trascrivo una lettera da me inviata alla rivista "LINX Magazine" in risposta ad un articolo del prof. Corbellini nel nr. 10 di ottobre 2011

Staminali tra scienza, politica e speranza (articolo del Prof. Corbellini del nr. 10 della rivista LINX Magazine)

Recensione di Fabio Carpenedo  - 20 Novembre 2011

Ad una prima lettura avevo trovavo questo articolo scostante, non scevro da alcuni pregiudizi.
Rileggendolo con calma, trovo che sia sostanzialmente un grande articolo, che indica una piaga molto forte legata a vuoti legislativi (e alla mancanza di controlli) nonché ad una insufficiente informazione scientifica legati al tema delle staminali; si spiega in che modo la “ciarlataneria” di certe pratiche rigenerative possa mietere vittime ancora oggi, producendo seri rischi di salute ed economici nonché una perdita di credibilità per la stessa ricerca scientifica.
Vorrei solo aggiungere uno spunto a quanto scritto dal prof. Corbellini.
Egli si interroga, ed interroga il lettore, sul perché sia ancora possibile che alcune pratiche (le cure rigenerative) vengano presentate ed accettate dal pubblico come scientifiche quando invece non lo sono, giacché la medicina attuale prevede una serie di protocolli di altissima qualità.
Egli associa questa responsabilità in modo particolare ai governi che non curano i controlli su questo tema. Fino a qui sottoscrivo tutto.
In aggiunta però l’autore attribuisce indirettamente la responsabilità di questo al fatto che sul tema delle staminali esista una certa tensione a livello politico ed etico, essendoci diversità di giudizi sulla liceità della distruzione di embrioni umani: da questo dibattito seguirebbe, secondo Corbellini, un’eccessiva concentrazione sulla questione di principio e una bassa attenzione sul tema dei controlli delle cure immesse sul mercato.
Ecco qui vorrei dire che secondo me la questione è molto più semplice, ed in particolare è la scienza stessa – quella alta, non quella dei ciarlatani – a rendersi poco credibile nel momento in cui alcuni ricercatori presentano come ” ricerca scientifica” la possibilità di distruggere embrioni umani – e questo indipendentemente da come sia stati prodotti, e da quali siano benefici di questa pratica (distruzione di embrioni umani).
La società è sì facilmente ingannabile, ma ha anche un senso comune difficilmente aggirabile. Questo senso comune afferma che è scientifico riconoscere che l’embrione è un essere umano, non essendo necessario intervenire invasivamente per consentirne l’evoluzione in feto e poi a neonato (lo è invece ad esempio la fecondazione artificiale, motivo per cui non si sostiene che i singoli gameti siano esseri umani). Per la società comune è un sofisma distinguere su “come” sia stato prodotto un embrione, se sia stato “donato volontariamente” con la buona intenzione di aiutare la ricerca, se esso si trovi in un utero materno o in una provetta. E’ mettere in discussione questi temi, fare questi “distinguo” – cui si prestano non pochi ricercatori – che rende la ricerca poco credibile, da cui il putiferio messo in luce con competenza dall’autore dell’articolo.
Altre affermazioni dell’articolo sono un po’ scostanti: molte volte si critica come interessata la posizione sia di chi difende l’embrione come essere umano, sia di chi presenta come “cure ” certe pratiche rigenerativele di dubbia qualità. Non dovrebbe essere la presenza di un interesse a condizionare il giudizio sui una posizione o una pratica, poiché tutti hanno un interesse nelle loro azioni (anche i ricercatori ce l’hanno, ovvero quello di fare ricerca e anche di avere una giusta remunerazione del loro lavoro, come tutti, e questo non è solo un luogo comune): l’importante è che questo interesse sia buono per gli altri, trasparente, che non leda la libertà e la vita nemmeno di un singolo individuo, e che non sia un interesse esclusivamente personale.

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