Se l'azienda non versa il TFR sul fondo pensione

Molte aziende con più di 49 dipendenti, dopo aver aperto un fondo pensione aziendale e averlo proposto ai loro dipendenti, di fatto non riescono a versavi il TFR né con regolarità, né entro la scadenza ultima, che sarebbe di un anno. Tuttavia il TFR, nonché gli eventuali contributi del dipendente, vengono ogni mese trattenuti dallo stipendio.

Ora, secondo me non si tratta di fare nessun processo ad aziende che, nella maggior parte dei casi, spesso i soldi non li hanno proprio, ed anzi magari attendono da anni dei pagamenti dallo Stato per dei servizi resi.

Nelle migliori intenzioni, tali aziende prevedono di versare tutto il TFR dovuto quando il lavoratore o andrà in pensione oppure cambierà azienda, esattamente come si faceva prima della legge del 2007.

Tuttavia in questa pratica a mio avviso si sta sottovalutando un aspetto molto critico che comporterà una doppia amara sorpresa per i dipendenti che hanno aderito al fondo: infatti quando risolveranno il loro rapporto con l'azienda (soprattutto in caso di pensionamento),
il TFR degli aderenti dovrà comunque essere versato al fondo!!

Ecco quindi la doppia sorpresa:
  1. non solo avranno perso la possibilità di averlo visto rivalutare, cosa che sarebbe avvenuta se il TFR fosse stato versato con regolarità al fondo; la nuova normativa tra l'altro non prevede una rivalutazione proporzionale al tempo in cui il TFR è stato trattenuto, per chi sceglie di versarlo al fondo pensione, come invece avveniva prima del 2007 o come avviene per i dipendenti che, come si dice, lo lasciano "in azienda" (cioè in realtà lo fanno versare alla tesoreria dell'INPS).
  2. inoltre non potranno riscattare al 100% la liquidazione, come si faceva una volta, ma potranno solo riceverla a rate, come pensione integrativa, avendo essi formalmente aderito al fondo (ad eccezione delle percentuali di riscatto previste in caso di adesione ai fondi pensione).
Tutte queste informazioni mi sono state confermate dal COVIP (www.covip.it), l'ente di vigilanza e tutela sui fondi pensione. In una mail mi si spiega infatti:
  1. In base alla normativa in vigore (art. 8, comma 7, del d. lgs. n. 252/2005), il conferimento del TFR ai fondi pensione deve essere effettuato dal datore di lavoro con “cadenza almeno annuale”. 
  2. Quanto all’ipotesi in cui il TFR conferito a previdenza complementare non venisse, di fatto, versato dal datore di lavoro (... e il lavoratore andasse in pensione), non sarebbe possibile, per il datore di lavoro, versare il TFR non corrisposto al fondo pensione direttamente al lavoratore, stante la scelta effettuata dal dipendente di destinarlo a previdenza complementare.
In caso in cui il lavoratore non andasse in pensione, ma attivasse un nuovo rapporto di lavoro, forse c'è qualche spiraglio, infatti:
  • il dipendente che già aveva destinato il TFR a previdenza complementare dovrà indicare al nuovo datore di lavoro il fondo presso il quale vuole che sia destinato il TFR;
  • qualora a seguito della nuova assunzione il dipendente abbia perso i requisiti di partecipazione al fondo pensione di natura collettiva cui aveva aderito in costanza del precedente rapporto di lavoro, il lavoratore stesso potrà riscattare la posizione o trasferirla ad altra forma. Solo in caso di riscatto della posizione potrà scegliere, attraverso la compilazione del mod. TFR 2, di lasciare il TFR maturando in azienda (che andrà al c.d. Fondo di Tesoreria presso l’INPS nel caso in cui l’azienda occupi più di 49 dipendenti). 
Ma allora quale sarebbe, in definitiva, la miglior pratica, per le aziende che non riescono a versare il TFR al fondo?
Esse non possono chiudere la sottoscrizione al fondo, a quanto sembra, perché la sottoscrizione sembra irreversibile anche per l'azienda.

Il compromesso più concreto secondo me, se l'azienda non riesce a versare il TFR con regolarità, è un accordo privato con i dipendenti, in cui l'azienda si impegna a riconoscere un interesse proporzionale al tempo in cui il TFR viene trattenuto senza essere versato al fondo.

Vi è un tipica obiezione:
Ma l'azienda non paga già un interesse per trattenere il TFR invece di versarlo al fondo, sottoforma di "Contributo del datore di lavoro"?
In effetti, sì, ma gli interessi non sono proporzionali alla durata del trattenimento.
Infatti non si tratta di un tasso annuale, bensì di un interesse ad hoc, una tantum, una sorta di bonus, previsto (credo) proprio pensando che il TFR viene trattenuto per un anno circa e non di più.

Ed il lavoratore, cosa può fare? Non molto. Una cosa simbolica: sospendere i cosiddetti "contributi volontari del lavoratore". Il loro importo sarà così corrisposto nello stipendio e non più trattenuto a tempo indeterminato, in attesa di essere versato al fondo. Va tenuta presente però una conseguenza: sospendendo i contributi volontari, si perde diritto al contributo del datore di lavoro, previsto dalla normativa se il contributo del dipendente è superiore ad una certa percentuale.
Poco male, però: infatti tali contributi non vengono veramente versati al fondo, ma costituiscono un accumulo di credito.
La sospensione dei contributi personali comunque non è irreversibile: si può riattivare in qualsiasi momento.

Per concludere, rimane aperta una domanda:
per i dipendenti che non aderiscono al fondo pensione, come fa un'azienda a versare il TFR alla tesoreria presso l'INPS, se non riesce a versarlo al fondo per chi h aderito?
In altre parole, come può un dipendente verificare se l'azienda versa mensilmente il TFR all'INPS, cosa prevista se non ha aderito al fondo e l'azienda di più di 49 dipendenti
La cosa è possibile, come spiegato in questo post (gennaio 2014).

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